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SAN CUONO E FIGLIO

PROTETTORI DI ACERRA

 

 

Gaetano Caporale nel suo saggio sui santi Conone e Figlio propone tre ipotesi.

Prima ipotesi. Nell'VIII secolo, durante la persecuzione iconoclasta di Leone Isauro, molti cristiani, fuggendo dall'Asia Minore, si rifugiarono in Campania. Nulla di più facile che, durante la persecuzione, qualche profugo avesse trasportato le reliquie ed il culto di San Conone da Iconio ad Acerra, allora come oggi appartenente alla Campania.

Seconda ipotesi. Durante tutto il Medioevo si moltiplicarono i pellegrinaggi. La direzione solitamente presa dai pellegrini italiani era l'Oriente, culla e patria del Cristianesimo. Qualcuno poteva avere la rara fortuna di tornare dalla Terrasanta con qualche reliquia. Non mancavano i pellegrini che, sulla via del ritorno, donavano parte delle reliquie a chi li ospitava. Un pellegrino, quindi, avrebbe trasferito il culto e le reliquie di San Conone da Iconio ad Acerra.

Terza ipotesi. Due monaci, ricevuta dal Vescovo una reliquia di San Conone, partirono alla volta di Roma per incontrare il Papa. Durante il viaggio, si fermarono in Campania, nei pressi di Acerra. Dopo alcuni giorni di riposo, prima di riprendere il viaggio, i due frati lasciarono al Vescovo, per riconoscenza, la reliquia di San Conone. Esposta la reliquia alla pubblica venerazione, si compirono molti prodigi. Allora il Vescovo propose agli acerrani di dichiarare San Conone e il figlio Patroni della città.

Vorrei aggiungere due congetture del professore Gennaro Niola. Poichè a partire dal Vi secolo l'Italia, e la Campania in particolare, fu governata dai Bizantini, e poichè tra i secoli VII ed VIII nei territori bizantini italiani giunsero numerose comunità provenienti dall'Asia Minore, "il passaggio in Acerra della venerazione dei Santi Cuono e figlio potrebbe essere avvenuto in tal contesto migratorio". In secondo luogo, essendo il territorio acerrano fin dall'antichità molto umido e paludoso, anche per la presenza del fiume Clanio, se colleghiamo tale disagevole situazione con il cosiddetto 'miracolo del fiume' operato da San Cuono, prendendo in considerazione l'arrivo dei Bizantini nel territorio acerrano, si può ipotizzare che la venerazione dei due Santi Martiri di Iconio sia stata portata da cittadini greci che, di fronte ai problemi ambientali del territorio, abbiano invocato la loro intercessione.

 

ASCOLTA LA STORIA DI SAN CUONO

Due feste annuali celebrano gli acerrani a San Conone: l'una religiosa nel 29 maggio, l'altra impropriamente detta civile nell'ultima domenica di agosto.
La rima viene preceduta da un triduo, in cui vengono celebrate le lodi del Santo, che precedono la serale benedizione. Nel mattino del 29 evvi l'obbligo di sentire la messa nel paese, e tanto la statua, che le reliquia sono portate in processione per la città.
Più solenne è la festa dell'ultima domenica di agosto. La sera della vigilia luminarie e talvolta splendida per la città. L'alba della festa è salutata dal suono delle campane e dall'armonia della banda musicale, che gira per la città.
La statua sul piedistallo adornata di fiori e cerei spicca a sinistra della Cattedrale. Messa cantata con l'intervento del Vescovo. Successivamente, la statua viene portata in processione per la città, e sovente si ritira con buone offerte.

Al giorno evvi (maggio) corsa al pallio. Si ripetono le luminarie la sera, e la festa si chiude con lo sparo di fuochi artificiali, che sovente riescono bellissimi.

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S. Cuono è vissuto nel III secolo. Un tempo in cui la Chiesa cresceva e si sviluppava, nonostante le persecuzioni (o meglio, attraverso di esse). I cristiani non solo cominciavano a possedere chiese pubbliche ma si davano una struttura (vescovi, sacerdoti, diaconi). In particolare, secondo il Caporale, al tempo in cui visse san Cuono tre fatti, riducibili in sostanza a due, contribuirono allo sviluppo del cristianesimo: la decadenza dell'impero romano e l'antagonismo tra costumi pagani e nuovi costumi cristiani.

Mentre l'impero romano rovinava, il cristianesimo dimostrava di saper costruire, o ricostruire, l'istituzione della famiglia, il rapporto tra genitori e figli, la figura della donna, l'importanza del matrimonio, il rapporto tra il cittadino e lo Stato, la società civile tutta.

In tale contesto ebbe luogo il martirio del Santo. Intorno al 275 l'imperatore Lucio Domizio Aureliano decretava l'ennesima persecuzione, la dodicesima. Questi, in un primo momento, nei primi anni del suo breve regno, si dimostrò disponibile verso i cristiani: quando costoro ricorrevano al giudizio di Aureliano per risolvere i problemi delle loro comunità, egli riconosceva l'autorità del Vescovo di Roma. Ma con gli anni le vicende presero altra piega. Verso la fine del suo regno Aureliano emanò l'editto di persecuzione. Per tanti motivi. Secondo il Caporale, i sacerdoti pagani, vedendo decadere il loro prestigio e la loro autorità di fronte al popolo a causa del prestigio e dell'autorità che il cristianesimo invece conquistava ed accresceva, si rivolsero all'imperatore, che era superstizioso, ed accusando e calunniando i cristiani ottennero il suddetto editto.

San Cuono è originario di Iconio, attuale Konya in Turchia. Importante centro del cristianesimo primitivo, la cittadina fu visitata da Paolo e Barnaba nel loro primo viaggio missionario. A Iconio si svolgono i principali avvenimenti degli apocrifi "Atti di Paolo e Tecla".

 Nel 215 fu sede di un Concilio. La cittadina era, ed è, un centro importante, citato da grandi storici dell'antichità come Strabone, Plinio e Senofonte. Ivi fu fondata e prese vigore una delle prime comunità cristiane, dopo la visita di Paolo e Barnaba nel 45. Al tempo in cui vi dimorò e visse il Nostro la Chiesa fondata in Iconio viveva di uno stato floridissimo ed aveva già il suo vescovo: nel concilio di Antiochia del 264, fra i più illustri vescovi figurava proprio il vescovo d'Iconio, Nicomes. In quell'area geografica, d'altra parte, avrebbero vissuto e sofferto il martirio altri santi: san Caritone abate, Porfirio di Mimo, Paolo e Giuliana di Tolemaide, san Mama di Cesarea, santa Tecla di Iconio.

In tale contesto avrebbe trovato terreno fertile la vocazione alla santità di san Cuono. Nei manoscritti il santo viene definito "venerabili vita viventem coram Deo: amicum Dei et coheredem Christi" (colui che conduce una vita venerabile al cospetto di Dio: amico di Dio e coerede di Cristo), ed ancora di lui si dice "ambulavit in viis Moysi" (visse secondo le leggi di Mosè), e lo studioso francese Tillemont, autore di una grande storia della Chiesa dei primi secoli, lo definisce "fidele serviteur de lesus Christus" (fedele servitore di Gesù Cristo). "Nella fisionomia del santo l' affezione a Cristo costituisce il tratto più rispettabile e stupefacente, e il senso della sua Presenza l'aspetto più determinant”[1].

Cuono d'Iconio non rivestiva alcuna carica ecclesiastica ma era un laico (il che lo rende particolarmente interessante alla sensibilità moderna) di condizione economica e sociale agiata (secondo una congettura del Caporale, forse un "curator aquae", un ingegnere idraulico dei nostri tempi). Il testo greco della monumentale opera "Acta Sanctorum" lo definisce "familiare degli Angeli, persecutore dei demoni, dispregiatore degli idoli, inculcatore dei martiri".

Secondo il professore Gennaro Niola questi appellativi lasciano intendere che san Cuono si era dedicato alla vita contemplativa ed era un punto di riferimento per la locale comunità cristiana.

Quanto all'espressione "persecutore dei demoni" potrebbe richiamare la pratica dell'esorcismo ma anche più generalmente alludere all'azione di salvaguardia e di tutela della comunità locale dall'azione di quanti agivano a danno della vita ecclesiale.

Cuono era coniugato con una tale Cristiana. I due in tarda età ebbero un figlio cui la tradizione avrebbe dato nome Conello. Poco dopo san Cuono sarebbe rimasto vedovo. In quel tempo cominciava a svilupparsi in Oriente la consuetudine dell'ascetismo, per opera di san Paolo Eremita, sant'Antonio Abate e san Pacomio. Anche san Cuono decise di condurre vita solitaria ed eremitica: un documento lo dice "solitario di professione", ossia monaco (in greco "monos" significa solo). Questi monaci erano tenuti in grande considerazione, spesso erano i patroni, i difensori delle comunità cristiane. Ne darebbe conferma il cosiddetto “miracolo del fiume”. San Cuono si era ritirato fuori dalla città nei pressi di un fiume e da questo suo eremo svolgeva azione di sostegno per la comunità. Scrive il Caporale: "E, di vero, scorrendo presso la sua abitazione un fiume, che vessava tutti i vicini, questi, per l'abbondanza delle acque, non potevano avvicinarvisi. Accostatasi, dunque, la moltitudine, pregarono il santo Conone a traghettarli. Ed il santo, dette parole di rimprovero alle acque, queste si fermarono, e, fatto un sentiero, la folla ci passò a traverso".

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